Accogliere, Interagire, Integrare
L’esperienza di Elena, volontaria della Scuola d’italiano
Un grande applauso! Così concludiamo sempre la nostra lezione d’italiano. Per accrescere l’autostima e la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, e premiare lo sforzo della costanza nella frequenza e nell’attenzione, sempre viva.
Gratitudine: una parola da tempo dimenticata, che ritroviamo nello sguardo e nel sorriso dei ragazzi, più o meno giovani, che frequentano la nostra scuola. Nonostante le amare e dolorose vicissitudini note a tutti, i viaggi interminabili e rischiosi verso l’Italia, loro hanno mantenuto viva la speranza e la fiducia, hanno occhi limpidi e fiduciosi, e il cuore semplice: sentono che li abbiamo accolti e vogliamo loro bene.
Affermo con sicurezza che ho appreso più io dalla loro cultura e ho uno slancio di riconoscenza perché ricevo molto più di quanto io dia., con la mia ora e mezzo alla settimana di aiuto all’apprendimento della lingua italiana.
Dopo aver frequentato un corso di aggiornamento presso la scuola di via Villani e uno presso il Centro Accoglienza di via Corelli, noi volontari abbiamo unito alla formazione ricevuta le nostre competenze e inclinazioni personali, che rendono ogni lezione diversa, sempre però a partire dalle esigenze e dalle necessità di chi si è lasciato alle spalle nel migliore dei casi la miseria e la fame e, nel peggiore, guerre, violenze, persecuzioni.
Eppure, questi nostri fratelli ci ricordano e insegnano a noi che la vita è bella ed è profondamente degna di essere vissuta.
Un modo che ho sperimentato per coinvolgere l’aula è quello di partire dalle realtà di ciascuno, dalle sue radici, dal suo passato, che deve sempre essere presente, e ritornare là, dove si è lasciato il cuore assieme alla famiglia, ai luoghi, agli affetti.
Il primo giorno di scuola è la fotografia di un mondo in miniatura, dove le etnie più diverse si uniscono, creando una sorta di contaminazione virtuosa. Dopo le presentazioni e aver scritto i nomi su cartoncini segnaposto, la prima parola che impariamo è: educazione. Anche chi non conosce una sola parola della nostra lingua, ne comprende il significato, attraverso gli esempi di bussare alla porta chiedendo permesso, chiedere qualcosa per favore e ricevere qualcosa che porgiamo con un grazie.
Chiunque può farsi ricordare per un segno distintivo e noi vogliamo – sono certa di interpretare il pensiero dei miei colleghi – mettere questi ragazzi in condizione di essere accolti per la loro sensibilità e amabilità, facendosi riconoscere come persone educate e rispettose degli altri e delle regole.
Una lezione molto amata è quella in cui ascoltiamo gli inni nazionali di tutti i Paesi di appartenenza, compresa l’Italia, precedentemente scaricati da YouTube. Gli studenti che riconoscono il proprio inno sono i primi ad alzarsi in piedi, seguiti da tutti gli altri. È un momento di sincera commozione e coinvolgimento, poiché i ragazzi s’impegnano nel canto e, cantando, evocano la loro terra e quanto hanno lasciato.
A turno i ragazzi devono cercare di esprimere con una parola italiana il messaggio del simbolo della loro nazione: pace, solidarietà, unità, appartenenza, gloria e, soprattutto, libertà.
Vitalij, un ragazzo ucraino molto attento e partecipe, riascoltò a casa l’Inno di Mameli e, nel corso della lezione successiva, mi chiese di spiegargli il significato di coorte.
Completano la lezione le bandiere. Ciascuno descrive la propria a partire dai colori, le righe orizzontali o verticali, i simboli che vi campeggiano (un leone per lo Sri Lanka, un cerchio rosso per il Bangladesh, e via dicendo).
Nella lezione successiva, gli studenti individuano i loro Paesi, dapprima sulla carta geografica appesa alla parete dell’aula, poi, con l’aiuto di una matita dalla mina multicolore, li colorano sul libro. Il risultato è un
puzzle dalle tessere variopinte bellissime, che si differenziano le une dalle altre solo per via delle sfumature tendenti al giallo o al violetto o al turchino, dove però i colori, mischiati e amalgamati, ci sono tutti.
Constatiamo insieme – attraverso le foto più belle che ci offre Internet – che nessun Paese è più bello dell’altro, ma tutti hanno una bellezza rara, diversa e preziosa, perché unica, che li contraddistingue. I colori delle Ande peruviane lasciano a bocca aperta, così come i costumi sgargianti delle donne africane; le montagne del Nepal sono struggenti tanto quanto le distese delle piantagioni di zafferano dell’Iran, e i templi del Bangladesh ci fanno desiderare di conoscerne la storia.
Un’altra lezione ha preso spunto dai prodotti dei rispettivi Paesi. Ho portato un paio di guanti di lana peruviani coloratissimi, una sciarpa pakistana, un fermaglio per capelli bengalese, dello zafferano in pistilli iraniano, dei braccialetti di cuoio africani, dei libri di poesia africana, sudamericana e indiana. In questo modo i ragazzi si sono sentiti vicini a casa e importanti, perché abbiamo valorizzato le loro eccellenze.
L’Italia è una grande mano che aiuta tutti! Questa affermazione introduce la lezione sulla nostra repubblica, con le sue isole, le catene montuose, le caratteristiche delle sue regioni e i suoi mari.
L’anno scorso abbiamo avuto un allievo marocchino, Noureddine, curioso e interessato, che ha aperto, assieme ad Abdou, un altro nostro alunno, una bottega di sartoria artigianale, che effettua soprattutto riparazioni. In realtà, i due ragazzi magrebini tagliano e cuciono con abilità e competenza e non esagero se affermo che gli abiti realizzati da Noureddine potrebbero essere usciti da una griffe di via Montenapoleone.
Per spiegare le preposizioni semplici è stato sufficiente un metro lineare. Di chi è questo metro? Misuriamo da qui a là. Quanti centrimetri ci sono in questo metro? Con il metro prendo le misure del banco. Appoggio il metro su questo banco. Il metro serve per prendere le misure. Misuriamo la distanza tra la finestra e la porta. Ogni ragazzo ha misurato l’altezza del compagno e abbiamo stilato alla lavagna la classifica dal più alto al più basso.
I verbi sono al nostro servizio: quando ne troviamo uno sul nostro cammino lo coniughiamo insieme all’indicativo presente, distinguendo fra le tre coniugazioni, i verbi servili e quelli irregolari.
È bastato un catalogo dell’Ikea per trovarci in un mondo colorato e consumistico, in cui però le suppellettili sono servite a costruire una lezione su misura, con tanto di divani colorati, poltrone, librerie, tavoli e tavolini, tappeti, lampade, vasi di fiori. Qui abbiamo affrontato i concetti di davanti e dietro, chiaro e scuro, più grande e più piccolo, più alto e più basso.
La lezione sull’abbigliamento è stata interessante e coinvolgente. Ho portato da casa una valigia piena di indumenti maschili (la classe è composta in prevalenza da ragazzi). Dopo aver spiegato la differenza tra la valigia piena, quindi pesante, e vuota, quindi leggera, abbiamo disposto gli indumenti sul tavolo, dividendoli tra pesanti e leggeri, di lana e di cotone, chiari e scuri, e li abbiamo descritti. La camicia ha le maniche e i bottoni. Quanti bottoni ha questa camicia? Differenza tra questo e quello.
Con i miei compagni del corso base, Marco e Valeria, che svolgono la lezione del mercoledì, ci troviamo regolarmente per decidere insieme gli argomenti delle lezioni, in modo da prepararle nel migliore dei modi e articolarle sui due giorni della settimana.
Con l’arrivo della primavera prevediamo di svolgere lezioni all’aperto, e per la fine dell’anno abbiamo in serbo una sorpresa, che, in quanto tale, non possiamo svelare…